jueves, 1 de noviembre de 2007

Tutte le lingue, e nessuna (1)

«Quando più tardi appresi della sua vita avventurosa e dei vari luoghi in cui era vissuto, senza trovar radici in alcuno, mi resi conto che Salvatore parlava tutte le lingue e nessuna. Ovvero si era inventata una lingua propria che usava i lacerti delle lingue con cui era entrato in contatto —e una volta pensai che la sua fosse, non la lingua adamica che l´umanità felice aveva parlato, tutti uniti da una sola favella, dalle origini del mondo sino alla Torre di Babele, e nemenno una delle lingue sorte dopo il funesto evento della loro divisione, ma proprio la lingua babelica del primo giorno dopo il castigo divino, la lingua della confusione primeva. Né d´altra parte potrei chiamare lingua la favella di Salvatore, perché in ogni lingua umana vi sono delle regole e ogni termine significa ad placitum una cosa, secondo una legge che non muta, perché l´uomo non può chiamare il cane una volta cane e una volta gatto, né pronunciare suoni a cui il consenso delle genti non abbia assegnato un senso definido (…)»

Esta definición de lengua de Adso, basada en la biunivocidad entre significante y significado y en el carácter consensuado de esta unión, no es pertinente a la hora de juzgar la "lengua" que habla Salvatore, ¿por qué?

Umberto Eco (1980): Il nome della rosa, Milano: Bompiani

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